Articolo scritto da Dott. Carmine Di Iorio, neurobiologo e consulente nutrizionale
I cambiamenti climatici e la salute globale sono legati indissolubilmente. È previsto che il riscaldamento globale indotto dall’uomo aumenterà il tasso di mortalità di circa 250000 decessi tra il 2030 e il 2050 [1]. Nel 2015 le Nazioni Unite hanno rilasciato gli obiettivi di sviluppo sostenibile come un appello universale volto a porre fine la povertà, il cambiamento climatico e la disuguaglianza entro il 2030. Dato che il cambiamento climatico e la salute globale sono strettamente legati, i sistemi sanitari con i loro professionisti devono attenersi e affrontare questa sfida senza tralasciare la qualità delle cure [2].
Dal 2008, i partecipanti al Consorzio delle Università per la Salute Globale (CUGH) discutono della mancanza di competenze e di piani di studio standardizzati per orientare programmi orientati alla salute globale [3] e i piani di produzione e di consumo del cibo e il rapporto con l’ambiente sono oggetto di dibattito tra i nutrizionisti [4].
Vivere in modo sostenibile dovrebbe essere considerato una sana abitudine e ciò dovrebbe essere promosso costantemente attraverso la promozione della salute pubblica.
Medici e nutrizionisti ricoprono un ruolo essenziale nell’educazione nutrizionale dei pazienti, attraverso obiettivi terapeutici, e delle comunità, tramite obiettivi preventivi, posizionandosi come interlocutori sociali per la promozione di una dieta sana e sostenibile.
Infatti, il modo di mangiare non ha solo un impatto sulla salute della popolazione, ma ha anche un importante impatto ambientale. Il cibo che consumiamo e le modalità con cui viene prodotto, confezionato o trasportato da una parte all’altra al mondo hanno un costo energetico e ambientale che viene misurato in termini di emissioni di gas serra, utilizzo e deterioramento del suolo e dell’acqua e perdita della biodiversità [5].
Le diete sostenibili sono definite dalla FAO (Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura) come diete a basso impatto ambientale che contribuiscono alla sicurezza alimentare e nutrizionale e a una vita sana per le generazioni presenti e future. Questo tipo di alimentazione migliora la protezione e il rispetto della biodiversità e degli ecosistemi, è culturalmente accettabile, economicamente equa, accessibile, conveniente, nutrizionalmente adeguata, sicura, sana e permette l’ottimizzazione delle risorse naturali ed umane [5].
L’inquinamento e i cambiamenti climatici influiscono direttamente sulla nostra salute e sulla qualità del cibo che mangiamo [6]. Inoltre, l’inquinamento ambientale è legato alla comparsa di diverse malattie emergenti come quelle a base autoimmune [7].
Se l’evoluzione del cambiamento climatico continua, si stima che entro il 2050 la disponibilità di cibo sarà ridotta, innescando problemi sanitari come malnutrizione, rallentamento della crescita e anemia che porteranno alla morte di 530000 persone in tutto il mondo, con tassi di mortalità più alti nei paesi asiatici [8].
L’impatto sulla salute di una dieta sostenibile viene valutato attraverso l’indicatore DALY (anni di vita corretti per la disabilità), che riflette il numero di anni equivalenti a una vita sana persi a causa dello stato di salute o disabilità.
In Svizzera, è stato dimostrato che una transizione dall’attuale dieta svizzera a un modello che si adatta meglio alle raccomandazioni nazionali è la scelta più sostenibile, che comporta una riduzione sull’impatto ambientale del 36% e degli effetti negativi sulla salute del 2,67% rispetto alla dieta attuale.
Questa transizione implica un leggero aumento nel consumo di frutta e verdura e un incremento più importante per frutta secca e legumi. Inoltre, è previsto un ridotto consumo di radici e tuberi così come per carne, pesce, uova e olio vegetale. Tale passaggio comporterebbe una riduzione del 54% delle emissioni di gas serra, del 32% dell’utilizzo del suolo e del 26%, 33 %, e 34 % rispettivamente dell’utilizzo di acqua, azoto e fosforo [9]
Ad oggi la Dieta Mediterranea (DM) è consigliata come un modello alimentare sano che offre protezione contro il cancro, le malattie cardiovascolari e i miglioramenti cognitivi [10]. In Spagna, una maggiore adesione alla DM ridurrebbe le emissioni di gas serra del 72 %, l’utilizzo del suolo del 58%, il consumo di energia del 52 % e il consumo di acqua del 33 % [11]. In Francia ciò significherebbe una diminuzione delle emissioni di gas serra del 20% e fino al 50% in Italia [12].
Nell’identificazione di modelli alimentari sostenibili, viene ampiamente proposta la sostituzione degli alimenti di origine animale con quelli di origine vegetale. Tuttavia, il consumo di carne è culturalmente radicato e medici e nutrizionisti si impegnano ad educare al consumo di carne di buona qualità piuttosto che a sradicarne il consumo [13].
Esistono numerose prove che le diete vegetariane nelle loro varianti costituiscono modelli alimentari salutari [9, 14], ma per adottare un modello alimentare vegetariano e soprattutto vegano, è necessario avere accesso a un’ampia varietà di alimenti di origine vegetale e le persone devono sapere anche come combinarli per non incorrere in carenze nutrizionali [15].
In letteratura si fa spesso riferimento ai benefici riportati da modelli predittivi che eliminano totalmente la carne dai menù dei consumatori, ma è importante capire che si tratta comunque di modelli matematici che non includono fattori socio-culturali, e quindi ignorano un indicatore fondamentale per stabilire un modello alimentare sostenibile. È per questo motivo che gli operatori sanitari non propongono di eliminarla totalmente, ma semplicemente di ridurne il consumo, scegliendo carne di migliore qualità [13].
La qualità nutrizionale della carne è associata al contenuto di grassi saturi, maggiore è il contenuto meno è salutare l’alimento. Normalmente, però si parla di carne rifacendosi a diverse specie animali senza qualificare l’importanza del taglio (le parti magre sono più salutari di quelle grasse) e dell’alimentazione del bestiame che ne può influenzare la composizione corporea.
Esistono modelli alimentari che sono altamente accettabili in ogni paese del mondo a causa del loro carattere tradizionale. Tra queste si identificano la DM e la dieta tradizionale giapponese, washoku [10]. Entrambi i modelli sono caratterizzati da una predominanza di alimenti di origine vegetale (cereali, legumi, olio d’oliva e alcol moderato) associati alla longevità e elencati come patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO, ed entrambi hanno dimostrato di essere diete sostenibili tramite uno studio di modelli matematici [16].
I diversi modelli di diete sostenibili hanno diversi punti in comune. Consentono di stabilire un apporto calorico equilibrato, dove i carboidrati rappresentano il 55-60 % del fabbisogno calorico giornaliero, il 30-35 % delle calorie proviene dai grassi e il restante 10-15 % dalle proteine. I carboidrati vengono forniti attraverso alimenti di origine vegetale (legumi, farinacei e frutta) a cui vengono aggiunti vegetali per aumentare il consumo di fibre e antiossidanti e per ridurne l’indice glicemico.
Le calorie derivate dai cibi grassi provengono da pesce azzurro, noci e oli vegetali il cui consumo è associato anche a importati vitamine come la E e la D. il consumo calorico per coprire il fabbisogno proteico (0.8 g/kg/giorno) è già parzialmente coperto grazie al consumo di cereali integrali, legumi e frutta secca e quindi non è necessario un consumo elevato di alimenti di origine animale, prediligendo pesce e pollame per il loro ridotto contenuto di grassi saturi.
Il modello alimentare occidentale e il conseguente sistema di produzione alimentare non solo mettono in pericolo la salute delle persone, ma anche quelle del pianeta. È quindi altamente consigliato riorientare le abitudini e gli stili di vita dei consumatori. In questa fase, medici e nutrizionisti hanno un ruolo fondamentale attraverso attività educative e di promozione della salute.
La dieta ideale e sostenibile si basa quindi su alimenti di origine vegetale in grado di soddisfare il fabbisogno della maggior parte dei micronutrienti, delle fibre, dei carboidrati e della maggior parte dei grassi e delle proteine. L’apporto di proteine di origine animale, dando priorità a pesce e pollame e facendo attenzione alla qualità, dovrebbe avvenire con piccole quantità per garantire un fabbisogno proteico di 0.8 g /kg/giorno, tenendo conto degli adattamenti in base al livello di attività fisica.
Seguire questo modello alimentare potrebbe ridurre significativamente la morbilità e la mortalità globale associata a malattie croniche. Inoltre, comporterebbe la riduzione dell’impatto ambientale dovuto alla produzione alimentare e mantenere un quadro di sostenibilità dovuto al consumo di prodotti freschi, stagionali, prodotti a Km 0 e minimamente confezionati.
Questo non significa implementare nuovi modelli alimentari, ma piuttosto ritornare a quelli praticati tradizionalmente, allontanandoci il più possibili da cibi ultra-processati e dal junk food.
Consolidare l’utilizzo di diete sostenibili richiede un lavoro che deve partire già con i bambini nelle scuole, centralizzando i concetti di cibo-salute-ambiente, e che deve continuare durante tutte le fasi della vita, soprattutto tramite l’aiuto di medici e nutrizionisti che dovranno apportare modifiche soggettive in base all’età, al sesso e allo stato di salute.
Bibliografia
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