Articolo scritto da Dott. Carmine Di Iorio, neurobiologo e consulente nutrizionale
Il cromo è uno dei metalli più ampiamente utilizzati nell’industria moderna [1]e potrebbe essere trasferito nell’ambiente attraverso i prodotti di scarto durante vari processi industriali. [2], [3]. Il cromo è presente nell’ambiente principalmente in due stati di ossidazione: il cromo trivalente (Cr3+) e quello esavalente (Cr6+) [4]. Sebbene il Cr3+sia leggermente meno tossico delCr6+, l’esposizione eccessiva al Cr3+può nelle piante inibirne la crescita, mentre nell’uomo può diminuire l’attività del sistema immunitario. [5]. Tuttavia,la maggior parte dei dati sulla tossicità riportati sono stati ottenuti sulla base della concentrazione di cromo totale [6].
Filipek-Mazur e Gondek [7] (2000) hanno riportato che una dose di 45 o 50 mg/kg di Cr6+ esercita un potente effetto negativo sulle piante. Tuttavia non è stata riscontrata nessuna riduzione della resa in colture dove è avvenuta una riduzione del Cr6+ a Cr3+. In diversi studi condotti da Kucharski&Wyszkowska nel [8] 2000, [9] 2004 e [10] 2006 hanno mostrato che gli effetti da Cr6+si riflettono in una limitata germinazione e morte di piantine di molte specie vegetali (avena, orzo primaverile e senape bianca) a 80, 100 o 150 mg Cr/kg di terreno.
Le proprietà chimiche e fisiche del suolo, in particolare le reazioni microbiche, la composizione granulometrica e il contenuto di humus, giocano un ruolo cruciale nel grado di ossidazione del Cr e nei successivi effetti avversi sulle piante. Baranet alnel 1995 [11] hanno suggerito che un metodo efficace per neutralizzare gli effetti negativi dei metalli pesanti bisogna arricchire il terreno con sostanze organiche.
La capacità di assorbimento della polpa di barbabietola da zucchero viene sfruttata per rimuovere da soluzioni acquose metalli pesanti come il Cromo. Relativamente agli ioni Cr3+, il predominante meccanismo di scambio ionico coinvolge i cationi di calcio, neutralizzando così i gruppi carbossilici del materiale. Per il Cr6+ la rimozione ottimale, risultante dal meccanismo di riduzione, è raggiunta a valori di pH acidi [12].
In ratti adulti diabetici, una dieta contenente orzo presenta effetti modulanti sui sintomi del diabete (concentrazione di glucosio del sangue e consumo di acqua) rispetto a diete a base di amido e saccarosio. È stato ipotizzato che l’effetto benefico dell’orzo potesse essere spiegato dal suo contenuto molto elevato di cromo (5.69 µg/g). L’integrazione della dieta a base di saccarosio con una quantità di cromo inorganico trivalente, calcolato per essere equivalente al cromo disponibile da una dieta a base di orzo, ha abolito le differenze in risposta allo stato diabetico [13].
Da uno studio effettuato in Iraq si evince che i ratti resi diabetici perdono molto meno peso, bevono meno acqua e presentano una minore concentrazione di glucosio nel sangue, quando la farina di orzo è stata sostituita con farina di grano bianco nella dieta. La differenza non può, però, essere attribuita alla piccola differenza in fibre presenti nei due cereali, perché come dimostrato la fibra d’orzo non influenza l’aumento postpandriale della glicemia nei diabetici insulino-dipendenti[14].
Diverse osservazioni suggeriscono che se il consumo a lungo termine di orzo modula la risposta glicemica in seguito all’ingestione di carboidrati (CHO) nei diabetici, allora questo effetto deve essere dovuto ad un costituente presente nell’orzo. Il Cromo è riconosciuto come un oligoelemento necessario per la normale regolazione della concentrazione di glucosio nel sangue. A livello sperimentale si è visto che la carenza di cromo in ratti determina una diminuzione della tolleranza al glucosio e porta ad uno stato simile al diabete mellito [15].
Il tasso di crescita dei ratti giovani alimentati con una dieta a base di orzo era simile a quello dei ratti alimentati con diete contenenti CHO purificati, amido e saccarosio, nonostante avessero un apporto energetico medio lordo superiore di circa il 10%. Nel momento in cui i ratti adulti sono stati resi diabetici, sono emerse notevoli differenze tra quelli nutriti con orzo e quelli mantenuti con amido o saccarosio. La concentrazione media di glucosio nel plasma era più alta nei ratti alimentati con carboidrati purificati, così come il loro consumo di acqua, in particolare nei ratti alimentati con saccarosio. [13]
Poiché il saccarosio conteneva di gran lunga la concentrazione più bassa di cromo, è sembrato utile indagare gli effetti dell’integrazione con il cromo nella dieta a base di saccarosio. L’ intenzione era di fornire una quantità di cromo assorbito pari a quella fornita dall’orzo, considerando che il cromo inorganico trivalente è scarsamente assorbito, con valori compresi tra 0.5 e 2% [16], mentre si ritiene che il cromo negli alimenti sia legato organicamente e più prontamente assorbito (10-25%). Poiché l’integrazione della dieta a base di saccarosio con cromo ha ridotto l’assunzione media di acqua e la concentrazione di glucosio plasmatico dei ratti diabetici, si conclude che le proprietà benefiche dell’orzo iracheno risiedono nell’alto contenuto di cromo [17].
L’effetto benefico dell’orzo osservato nei pazienti diabetici in Iraq può quindi derivare da un miglioramento dello stato del cromo e da un aumento dell’efficacia del trattamento con insulina[13]. L’analisi dei vari costituenti ha rivelato che l’orzo iracheno è una fonte particolarmente ricca di cromo, infatti il contenuto è 10 volte maggiore rispetto a quello presente nel lievito di birra, precedentemente ritenuto la più ricca fonte naturale di cromo e più di 40 volte tanto quanto la farina di grano bianco. Il saccarosio, come previsto, contiene cromo solo in tracce [18].
Il consumo di alimenti ad alto indice glicemico contribuisce allo sviluppo dell’ipertensione in alcuni pazienti. Allo stesso modo, nei ratti spontaneamente ipertesi (SHR), l’elevato saccarosio promuove un aumento secondario della pressione sanguigna sistolica (SBP). Il Cr3+ previene l’ipertensione indotta da saccarosio, ma lascia intatta l’ipertensione basale che caratterizza SHR [19]. La dieta a base di saccarosio causa un aumento significativo della SBP in SHR, che però viene abolita da Cr3+. Il Cr3+non ha effetti sulla SBP in pazienti SHR alimentati con diete a base di amido [20]
È stato dimostrato che diversi nutraceutici utilizzati nella pratica clinica mirano alla patogenesi del diabete mellito, della sindrome metabolica e delle loro complicanze e modulano favorevolmente una serie di endpoint biochimici e clinici. Questi composti contengono vitamine antiossidanti, come le vitamine C ed E, flavonoidi, vitamina D, acido linoleico coniugato, acidi grassi omega-3, minerali come cromo e magnesio, acido α-lipoico, fitoestrogeni e fibre alimentari [21].
Il cromo è un oligoelemento che può essere carente nelle persone diabetiche. È stato suggerito che gli integratori di cromo possono aumentare la sensibilità all’insulina e migliorare la tolleranza al glucosio nei pazienti con diabete di tipo 2 [22].
Una meta-analisi di studi randomizzati controllati che studiano gli effetti della supplementazione di cromo sulla risposta del glucosio e dell’insulina in individui in salute e con diabete mostra un modesto, ma significativo miglioramento sul controllo glicemico nei pazienti con diabete [23].
Bibliografia
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