La produzione di ogni alimento ha un impatto sull’ambiente a livello di impronta idrica, emissioni di CO2 e risorse energetiche utilizzate per produrlo. E se poi scade? O marcisce? In questo caso si sommano anche i costi di smaltimento oltre, ovviamente la completa perdita di tutte le risorse utilizzare per produrre quell’alimento.
Prendiamo come esempio una mela: quanto costa produrla in termini ambientali? Iniziamo con l’acqua necessaria: nel 2012 la FAO ha stimato che servano 70 litri di acqua, valori che si ridurrebbero del 31% se si utilizzano metodi di irrigazione precisi. La CO2 emessa è 0,038 kg, valore che può diminuire se si utilizza energia proveniente da fonti di energia rinnovabili, inoltre, il meleto stesso dà il proprio contributo attraverso la fotosintesi clorofilliana. Per quanto riguarda l’energia elettrica si stima che siano necessari circa 12 MJ/kg che possono ridursi persino del 50% se le aziende utilizzano caverne al posto delle celle frigorifere per lo stoccaggio dopo la raccolta.
Economia circolare
Seguendo le parole dello scienziato francese Antoine-Laurent de Lavoisier per il quale “Nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto si trasforma” cosa accadrebbe a tutta quella energia se la mela venisse buttata o marcisse? E in realtà cosa accade comunque agli scarti di quella mela? Certo lui parlava di energia cinetica e termica, ma in realtà il paragone con gli alimenti è calzante in termini di energia. Come si trasforma? Con i processi di economia circolare.
Il Parlamento europeo ha definito l’economia circolare “un modello di produzione e consumo che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile. In questo modo si estende il ciclo di vita dei prodotti, contribuendo a ridurre i rifiuti al minimo. Una volta che il prodotto ha terminato la sua funzione, i materiali di cui è composto vengono infatti reintrodotti, laddove possibile, nel ciclo economico. Così si possono continuamente riutilizzare all’interno del ciclo produttivo generando ulteriore valore”.
Tornando alla mela – esempio per moltissimi alimenti – un primo esempio di economia circolare è con il compostaggio: i rifiuti umidi sono raccolti in uno specifico contenitore (chiamato compostore) che lascia macerare questi scarti e, attraverso l’inserimento di specifici attivatori, li trasforma in concime.
In quest’ottica si sono recuperate materie (ed energie) per aiutare altri prodotti: lo scarto di una lavorazione diventa il combustibile di un’altra
Nuova energia
Ma se riuscissimo a recuperare gli scarti non solo come concime o come cibo per gli animali ma ne facessimo qualcosa di più?
Con la tecnologia coperta da due brevetti depositati, otteniamo una selezione di fibre solubili, arabinoxilani e beta glucani, JAXplus®, dal recupero di sottoprodotti di filiere agricole e alimentari. Attraverso la valorizzazione degli scarti e degli avanzi di lavorazione di cereali o di altri vegetali (trebbie di orzo, crusca di avena, polpe di barbabietola) estraiamo in maniera naturale la fibra, una vera innovazione nella ricerca di soluzioni nutrizionali sane, in un’ottica di economia circolare e di sostenibilità ambientale.
Con questo primo brevetto, abbiamo iniziato un percorso di produzione: si inizia da una materia normalmente di scarto come le trebbie della birra, ricchissime dal punto di vista nutrizionale ma poco gestibili dal punto di vista commerciale e, pertanto, di solito utilizzate solo come concimi o per l’alimentazione animale; e abbiamo ottenuto un ingrediente che riduce il picco glicemico e una tecnologia che può essere applicata a nuovi prodotti.
Foto di PublicDomainPictures da Pixabay
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